PCK presenta la mostra di Roberta Cianciola

Venerdì 10 giugno, ore 20.00, PCK ha presentato la mostra di Roberta, "Un corpo che funziona e non funziona", al Jazz Caffè Naima di Via Rossetti.

La solitudine incolmabile può essere rappresentata dagli elementi opposti, dal corpo e la città.Nulla di più disarticolante della nostra non presenza nel luogo dell'incontro, nella folla percepiamola nostra unicità, sperimentiamo la nostra assenza.Gli spazi in cui dimorano i corpi di Roberta non sono popolati. E' una città morta, allusa, un immenso monumento cimiterialeForse la nudità di questi corpi anch'essa allude al corpo morto, al corpo in gloria , ad un corpo in resurrezione.La pittura corporea, i contorni imprecisati, elusi, lo sfondo che li rincorre, lo spazio vuoto tra essi la mancanza della terza dimensione, parlano del corpo come schermo e come simbolo, in un'infinita trasparenza, in una immaterialità cogente.Le pitture di Roberta, che possono sembrare alludere un facile erotismo, indicano un'altra via: come nel "Cantico dei Cantici" il dialogo avviene sul piano animico, angelico, dove ormai l'esperienza tipicamenteumana e materiale è sublimata.La concretezza è un fare da schiavi.Noi rincorriamo l'angelo, lo evochiamo, il nostro destino è camminare nel cielo.In "passaggio ad altrove" nel corpo rivolto al pubblico Roberta svela il trucco della pittura: come in un quadro manierista del Bronzino la figura introduce ad uno spazio impercorribile, a uno spazio - teatro, al palco della rappresentazione, al luogo dove nulla è, tranne l’indicibile. L’indicibile in pittura è ciò che si dice. L’urgenza della pittura è proprio dire l’indicibile; mascherare l’evidente per mettere in scena l’attore – autor della propria vita e vederlo, finalmente, recitare la sua parte. La spinta dell’arte nasce dal balbettio di una lingua non padroneggiabile, una lingua che sfugge all’illusione della padronanza. E’ l’arte a mostrarci con evidenza l’impossibilità dell’essere, la non disponibilità del tempo , la permanenza del desiderio.Il gesto è precario come l’esistenza stessa. La conclusione non coincide con la fine, ma rilancia; non solo Dio è impronunciabile ma per riflesso siamo noi a non essere detti né dicibili. Quindi ci siamo e non ci siamo, ci diamo e non ci diamo, in un infinito rimbalzo di immagini, di proiezioni e di riflessi.Siamo nelle pieghe.Viviamo nel passo del tempo che non è il passo arrogante, logica militante, ma lo sbilanciamento delle anime.I corpi di Roberta sono messi in gioco, padroneggiati dai dadi del destino, quindi spinti dalla fede, respinti da ogni credenza, piaghe ricavate nelle pieghe del Cosmo.La pittura è metafora di vita. E’ il piano su cui si deposita l’ansia, l’angoscia, il turbamento, ma anche il tempio in cui rinasce la fiducia, l’infinito, la trasparenza. Pittura come rito; pittura come transustanziazione.
Paolo Cervi Kervischer

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